Sunday, June 29, 2008

destino e Daniele

Il destino può essere visto come preordinato dal Divino (ad esempio, il concetto protestante

di predestinazione) o derivato dalla volontà umana.

Nella grecia antica, il 'Fato' era invicincibile e persino gli dei vi dovevano sottostare,

come proclamò la Sibilla nell'Oracolo di Delfi.

Il Fato può essere personificato come un dio od una dea. Nella cultura greca è personificato

dalle tre Moire (chiamate Parche dai Romani). Una dea senza scrupoli, Nemesis, rappresentava

la cieca distribuzione della fortuna per gli antichi greci come Omero, con intenzioni né

buone né cattive, ma semplicemente in proporzione a seconda dei suoi desideri. Al tempo

delle monarchie ellenistiche, dopo la morte di Alessandro Magno, l'immagine di Tyche con sul

capo una corona di mura cittadine, rappresentava le fortune di una città, che cercava di

preservare la propria esistenza nella violenza caotica del periodo dei diadochi.

Nella mitologia norrena, le Moire avevano la loro controparte nelle tre Norne. Il destino

finale di tutti gli esseri viventi è il Ragnarök, la battaglia che persino Odino dovrà

affrontare alla fine del mondo.

Molte altre mitologie e racconti illustrano l'inutilità di qualsiasi tentativo di sfuggire

al fato.

Il destino è una fonte di ironia in letteratura; i personaggi possono agire senza realizzare

il proprio destino, del quale però gli spettatori o i lettori sono già al corrente. Questa

forma di ironia è importante nella tragedia greca, come lo è nel teatro di Schiller, nella

Forza del destino di Verdi, o in Thornton Wilder The Bridge of San Luis Rey, o con la

conoscenza di Macbeth del suo stesso destino, che non preclude però affatto una conclusione

tragica. Il tema comune in queste opere è un protagonista che non riesce, per quanto

ardentemente si sforzi, a sfuggire ad un destino già fissato.

DANIELE


Altri nomi con le medesime caratteristiche:
Evaristo, Fabio, Ignazio, Lamberto, lionello

Chiave del nome:
Colui che sorride

Animale totem: Capodoglio
Simboleggia la fuga di fronte al pericolo

Vegetale totem: Agrifoglio
Rappresenta l'amore

Colore personale: Giallo
Indica intuizione, ottimismo e spinta verso il nuovo

Daniele è un tipo flemmatico e tranquillo anche se attivo e concreto. Difficilmente perde il

sangue freddo anche quando gli capita di sentirsi a disagio. Tuttavia è difficilmente scosso

dagli avvenimenti perché è in genere molto forte anche se non parla dei suoi guai solo per

non annoiare gli altri. Quando qualcosa non va tende a rifugiarsi nella profondità del suo

io talora rinunciando anche a progetti che parevano già perfettamente avviati: e certo non

si saprà mai perché ha rinunciato. Daniele è un introverso.

Nonostante cio' ha un grande desiderio di amicizia sia con gli uomini sia con le donne,

amicizla che tende spesso a mitizzare anteponendola perfino all'amore. Intelligente e

profondo, Daniele è sempre un po' artista. Se fa il medico potrà fare anche il pittore, se è

avvocato nulla vieta che si diletti poi di poesia o di musica. Ha una forte immaginazione e

si adatta a tutti i mestieri.

In amore è come l'agrifoglio che offre i suoi frutti rossi anche d'inverno. Daniele appare

cioè sempre coerente e la sua amicizia amorosa è, si puo' esserne certi, tenace e fedele. Ma

non si cerchi di influenzarlo chiedendogli continue e pedanti prove d'amore.

Sessualmente è spesso molto sensibile ma non ama parlare dell'argomento; non sempre sa

capire i propri stimoli e soprattutto gli è difficile conciliarli con il sentimentalismo

(sia pure represso) di cui è pervaso.

Thursday, June 26, 2008

Wednesday, June 18, 2008

Thursday, June 12, 2008

il caos

persone spesso ignobili,anime nere,capitani di ventura e saranno loro a comandare il caos

Wednesday, June 11, 2008

padrino2



Il più avvincente dei tre. Il "Padrino" più carico di azione, di avvenimenti che si rincorrono, di colpi di scena. Imperniato su una struttura a "montaggio alternato" (non nel senso "griffithiano" del termine, però), saltella continuamente fra la contemporaneità dell'ascesa al potere del maturo Michael Corleone, nuovo Padrino dopo la morte di Vito, e il passato remoto rappresentato dalla gioventù insanguinata dello stesso Vito Corleone, fuggito dalla Sicilia (destinazione Stati Uniti) dopo il massacro del padre, della madre e del fratello. I salti temporali, che ci consentono di seguire parallelamente le due vicende, permettono di apprezzare le analogie e le (poche) diversità riscontrabili nelle complesse personalità di Vito e di Michael Corleone. Padre e figlio, accomunati dalla ricerca di prestigio e denaro, inseguono il successo in due epoche diverse ma con identica "cattiveria". Tuttavia, sia nel caso di Vito che in quello di Michael il cinismo e la freddezza da gangster vengono "suggeriti", anzi in un certo senso imposti, da un evento traumatico che segna le loro esistenze: Vito, ancora picciotto, aveva dovuto sopportare l'assassinio del padre e del fratello, freddati per ordine del boss siciliano Don "Ciccio", e addirittura assistere all'esecuzione della madre, decisa a difendere a ogni costo il suo figlioletto. Michael, timido ed equilibrato, era stato invece sconvolto dal tentato omicidio del padre, molla in grado di scatenare in lui una reazione distruttiva (forse non sufficientemente approfondita dal punto di vista psicologico nel primo episodio) che trasformerà il suo distacco dagli affari di famiglia in ritrovata consapevolezza delle proprie origini e del proprio scopo: prima proteggere, poi vendicare il padre e, in seguito, raccoglierne degnamente l'eredità nella gestione del "Corleone enterprise".

In effetti, sia nell'epopea di Vito che (soprattutto ne "Il Padrino III") in quella di Michael lo spettatore "percepisce" il carattere sì spigoloso, ma non semplicisticamente malvagio, dei due. Mario Puzo, e con lui F. F. Coppola, non intendevano rappresentare una manichea dicotomia Bene vs. Male, ma piuttosto creare personaggi ambigui, capaci di confondere brutalità e tenerezza, di alternare comportamenti gelidamente assassini ad altri che lasciano intuire spiragli di umanità. Già nel primo episodio il vecchio Vito Corleone, nella riunione con i capi delle famiglie mafiose di New York e poi nell'intimo colloquio padre-figlio con Michael, appariva smussato, edulcorato, perfino stanco di una vita giocoforza trascorsa a difendersi (e a difendere la propria famiglia) dalle minacce del grilletto. Ne "Il Padrino II", il giovane Vito uccide il capo-quartiere Fanucci (magistrale e "colorata" l'interpretazione di Gastone Moschin) perché da lui ricattato, e il sospirato assassinio di Don "Ciccio" ha il sapore dolcissimo della tarda vendetta a sangue freddo. Non è dunque un personaggio banalmente spietato: non casuale, ovviamente, è la scena in cui si ritrova ad assistere impotente, con le lacrime agli occhi, al pianto disperato del piccolissimo figlio Fredo, disteso sul lettino e sofferente per una brutta polmonite.

Più univoca e feroce apparirebbe, in questa seconda puntata della saga, la figura di Michael Corleone, ma "Il Padrino III" ci restituirà i tormenti e i sensi di colpa anche dell'ormai cinquantenne "figliol prodigo" convertito al cinismo, pure lui (come Vito!) stremato dopo tanti anni vissuti ad arricchirsi, a guardarsi le spalle e a ordinare esecuzioni.

Tornando al "Padrino II", si diceva che la trama di questo sequel, incalzante e ingarbugliata, procede alternativamente sul doppio binario presente-passato. L'intraprendenza, la lucidità e la sorprendente sicurezza ostentata da Michael lo conducono ad affrontare ogni affare di famiglia con la dovuta decisione, dalla questione-Pentangeli all'intrigo Hyman Roth. Due fatti più intimamente personali, invece, riescono a scuotere la sua emotività: il rapporto traballante con il fratello Fredo e l'ormai inevitabile scontro con la moglie Kay (una strepitosa Diane Keaton). Sono i primi segni di un cedimento psicologico che, dopo tanto sangue versato, si concretizzerà nel terzo episodio.

Dal punto di vista tecnico, ci sarebbero numerose "perle" da segnalare, tenendo presente la lucidissima regia di Coppola e la sceneggiatura, sempre brillante nell' esprimere, con le parole, l'essenza dei personaggi (Michael Corleone a un importante politico: "caro senatore, la nostra ultima offerta è... niente... nemmeno la semplice quota di autorizzazione, che piuttosto provvederà lei a versare personalmente sul nostro conto entro domani"). Non si può fare a meno di ricordare la sequenza della festa di San Rocco, nella quale il giovane Vito-Robert De Niro (premiato con l'Oscar per la sua spettacolare performance) insegue a vista, camminando sui tetti delle case, il boss di quartiere Don Fanucci, freddandolo infine all'interno del suo stabile mentre dall'esterno si odono gioiose le musiche della processione e relativa festa popolare (contrasto festa-morte, sacralità-tragedia che rievoca il conflitto sonoro-immagini del "Padrino I", quando le esecuzioni dei boss delle famiglie di New York venivano accompagnate dalla voce fuori campo del prete che celebrava il battesimo del figlio di Connie). A tal proposito, giova ricordare una curiosità sottolineata dallo stesso regista: "Nel film ogni scena di violenza è sempre preceduta, quasi annunciata da un particolare apparentemente insignificante, ma mai casuale. Nella scena dell'uccisione di Fanucci, ad esempio, Gastone Moschin giocherella con una lampadina difettosa che manda luce a intermittenza, riuscendo infine a 'ripararla'. Subito dopo che la lampadina ritorna a emanare luce senza interruzioni, avviene l'esecuzione."

Ci permettiamo di aggiungere che l'omicidio di Fanucci, mostrato da Coppola con un certo, reiterato compiacimento, smentisce almeno in parte la convinzione di Brian De Palma il quale, intervistato a proposito di "Scarface", ha definito quelle de "Il Padrino I, II e III" "sparatorie gentili, all'acqua di rose". In contrapposizione, ovviamente, alla brutalità selvaggia delle uccisioni perpetrate da Tony Montana ed amici.

Più che "sparatorie all'acqua di rosa", le violenze di Coppola ci sembrano fedeli riproduzioni degli usi e costumi della mafia internazionale (non sono italiana). Nella fattispecie, poi, il buon Francis Ford fa trucidare il povero Fanucci-Moschin con un proiettile al petto, un altro in pieno viso e un altro ancora, giusto per non correre rischi, in bocca. Più o meno come avrebbe fatto Tony Montana...

Doverosa menzione anche per la scena dell'uccisione di Fredo Corleone (ordinata dal fratello Michael), esaltata da una fotografia, dipinto luttuoso grave di tinte scure, dal fascino crepuscolare e fortemente emotiva. Senza dimenticare l'inquadratura di Michael che, assistendo dalla finestra di casa alla morte del fratello, china la testa esprimendo così tutta l'ambiguità del suo essere criminale dentro il suo essere uomo: crudeltà, uguale risolutezza anche se il tradimento proviene da un membro della famiglia, e dolorose tentazioni di rimorso.

Nell'accavallarsi degli eventi e dei contesti narrativi, ecco rispuntare la magia delle musiche di Nino Rota, accompagnate da pezzi di Carmine Coppola, padre del regista e direttore d'orchestra.

Tuesday, June 10, 2008

Retrocomputing Mania



Retrocomputing Mania




Io lo faccio nel mio piccolo per rievocare la mia nostalgia degli anni 80

Se non avete mai utilizzato un computer con lo spirito pionieristico

che caratterizzava tutti gli appassionati e i professionisti dei decenni

passati, probabilmente non riuscite a capire la filosofia del retrocomputing.

In quegli anni ogni computer aveva una storia particolare, ogni macchina

era un'avventura informatica: tutti potevano cimentarsi in esperimenti

per potenziare i propri calcolatori domestici e scovarne i segreti non rivelati.

Insomma, lo spirito che ci avvicinava ad un computer non è quello che oggi

potrebbe aver un qualsiasi operatore, ma era denso di scoperte e sorprese:

ognuno si sentiva come Indiana Jones.Ancor prima, quando gli home computer

non erano diffusi, gli operatori di mainframe si trovavano ogni giorno a sfidare

i loro colossi per ottimizzare processi di calcolo troppo lenti che oggi si risolvono

in millesimi di secondo. La sfida del tempo, quello di elaborazione, e quella dello

spazio per immagazzinare i dati erano un continuo stimolo a migliorare i

programmi e migliorare se stessi. Oggi c'è abbondanza di memoria e una

gran quantità di spazio su hard-disk, che vent'anni fa sembrava irraggiungibile:

eppure allora ogni cosa, ogni computer sembrava aver già raggiunto i livelli più

alti. Chissà come sarebbero stati nel 2000, pensavamo tutti.

Con i computer di oggi, tutti anonimi e tutti uguali, non c'è più quello spirito.

O forse lo avvertiremo tra vent'anni. I primi ad entrare nelle nostre case

godevano di vita propria: avevano un anima, creata probabilmente da noi

stessi e alimentata da storie, sfide, confronti con i successori sempre criticati

e avventure personali. E' tutto questo turbinio di emozioni che spinge gli

appassionati di oggi a rincorrere le vecchie glorie, a ripulirle meticolosamente

, a studiarne gli interni come un chirurgo esaltato, a resuscitarli e adorarli come

sciamani drogati da quelle esperienze passate, impossibili da reprimere. Tutto questo è retrocomputing.

La prima volta che collegai il computer al telefono non potevo neanche immaginare

che una creatura come Internet sarebbe potuta mai esistere. Allora esistevano

solo le BBS, le banche dati locali. Queste erano raggiungibili con il modem o

l'accoppiatore acustico, o l'adattatore telematico.... Ognuna risiedeva in luogo

preciso e aveva un suo numero locale: i più ricchi avevano l'incredibile possibilità

di collegarsi alle BBS americane o canadesi, e scaricare chissà quali file testuali,

ricchi di informazioni fresche e sconosciute nel nostro paese... Per me digitare

un numero di Milano e sapere che il mio computer era fisicamente collegato da

un filo di byte ad un'altra città equivaleva ad un evento che mi avvicinava al

futuro più degli altri. Avrei mai potuto immaginare che un giorno sarebbe esistita

la possibilità di gestire uno spazio su un computer remoto, magari oltreoceano?

Avrei mai potuto pensare di possedere nel 2001 più di 50 computer quando allora

uno solo costava più di ogni altra cosa da me raggiungibile? E che migliaia di

persone sconosciute potessero apprezzare i miei sforzi senza muoversi da casa?


Oggi vi sembrerà normale stare seduti a leggere una pagina su un computer,

raggiunta con un collegamento ipertestuale tramite un comune modem e un

abbonamento a Internet. Ma solo sei anni fa tutto questo era fantascienza.

Dieci anni fa qualcuno diceva che il computer che state usando sarebbe stato

impossibile da realizzare e che la velocità dei processori non avrebbe mai superato

i 100 Mhz. Oggi abbiamo hard-disk da 75000 Mb e processori da 1700 Mhz.

Nel 1990 un hd da 200 Mb costituiva uno status-symbol. Nel 1985 un disco rigido

da 5 Mb era il massimo che si poteva desiderare e costava otto milioni. Negli anni

settanta solo i mainframe avevano sistemi di memorizzazione su tali dischi e

costavano centinaia di milioni, con prestazioni che oggi fanno sorridere.

Questa incredibile velocità evolutiva ha compresso le varie ere informatiche e

ha dato la possibilità a molti di essere protagonisti in prima persona della storia

che ha cambiato il mondo. Non voglio essere retorico ma, ricordatevi, questi

anni costituiscono una rivoluzione che ha inciso su ogni aspetto della società

umana, come non era mai successo dalla nascita dell'uomo. E noi stiamo partecipando.

Eccoci quindi archeologi informatici, guru elettronici e smanettoni incalliti:

ricercatori senza tregua, esploratori di discariche e cantine dimenticate,

capaci di apprezzare quell'odore di polvere intrisa di aroma elettrico tipico

dei vecchi computer. Tutti questi sono i motivi che ci spingono a cercare

queste vecchie macchine e a possederle di nuovo per resucitarne

lo spirito nascosto da anni. Se non l'avete capito adesso, non lo capirete mai più.

Sunday, June 01, 2008

Un "padrino"



Penso da che dalla serie di film il "padrino" si possono recuperare certi comportamenti che nella vita possono essere utili come il rapporto con la famiglia "un uomo che non sa stare in famiglia non sara' mai un uomo....."(padrino1) ma anche "non voglio eliminare tutti solo i miei nemici"(padrino 2) .

Un “padrino” è solitamente la persona che, al battesimo o in qualche cerimonia religiosa, si incarica di accompagnare il ricevente del rito, un metaforico custode e riferimento per la vita.
Don Vito Corleone si è guadagnato questo titolo grazie alla comprensione sempre dimostrata verso le persone: da giovane e timido immigrato italiano, è diventato la figura predominante della mafia a New York.Come?
Semplicemente ascoltando chi era in difficoltà con le autorità, aiutandolo (non importa come) e lasciando una promessa di rendere il favore, quando e se fosse stato necessario.
Abile stratega, Corleone: mai un eccesso d’ira, mai una scenata, mai una minaccia.
La Famiglia Corleone ha assicurato così il suo predominio nel commercio dell’olio, del gioco d’azzardo altri affari della Grande Mela.
I figli di Don Vito non sono come lui: Santino,detto Sonny, è focoso, passionale, violento; Connie è la cocca di papà,; Fredo è apparentemente impassibile come il padre, Michael è il piccolo di famiglia, eroe della seconda Guerra Mondiale e studente universitario.
Attorno a loro gravita Mamma Corleone, attenta signora della casa, dispensatrice di buoni consigli e di preghiere per le anime dei suoi cari, che teme finiscano tutte all’inferno.
Quest è la Famiglia, che, al contrario della prima impressione, è la vera protagonista del testo, non la mafia come tale.
La storia comincia con la Famiglia riunita in occasione del matrimonio di Connie: alcune persone si recano dal Padrino per avere dei favori, e da qui nasce tutto.
La Famaiglia si troverà coinvolta poi in una guerra contro le altre Cinque Famiglie di New York, per la gestione di affari come droga e commercio di olio.
Ogni guerra, purtroppo, crea vittime e i Corleone non saranno da meno: la vera decisione sarà, per Michael, se scegliere di stare fuori o di vivere la storia della Famiglia.
Ma non è così semplice combattere contro il grido del tuo sangue, che reclama la giustizia dell’onore come inteso dalla mafia, anzi, la sua Famiglia reclama giustizia.