Thursday, October 22, 2015

retrocomputing

Se non avete mai utilizzato un computer con lo spirito pionierstico che caratterizzava tutti gli appassionati e i professionisti dei decenni passati, probabilmente non riuscite a capire la filosofia del retrocomputing. In quegli anni ogni computer aveva una storia particolare, ogni macchina era un'avventura informatica: tutti potevano cimentarsi in esperimenti per potenziare i propri calcolatori domestici e scovarne i segreti non rivelati. Insomma, lo spirito che ci avvicinava ad un computer non è quello che oggi potrebbe aver un qualsiasi operatore, ma era denso di scoperte e sorprese: ognuno si sentiva come Indiana Jones. Ancor prima, quando gli home computer non erano diffusi, gli operatori di mainframe si trovavano ogni giorno a sfidare i loro colossi per ottimizzare processi di calcolo troppo lenti che oggi si risolvono in millesimi di secondo. La sfida del tempo, quello di elaborazione, e quella dello spazio per immagazzinare i dati erano un continuo stimolo a migliorare i programmi e migliorare se stessi. Oggi c'è abbondanza di memoria e una gran quantità di spazio su hard-disk, che vent'anni fa sembrava irraggiungibile: eppure allora ogni cosa, ogni computer sembrava aver già raggiunto i livelli più alti. Chissà come sarebbero stati nel 2000, pensavamo tutti. Con i computer di oggi, tutti anonimi e tutti uguali, non c'è più quello spirito. O forse lo avvertiremo tra vent'anni. I primi ad entrare nelle nostre case godevano di vita propria: avevano un anima, creata probabilmente da noi stessi e alimentata da storie, sfide, confronti con i successori sempre criticati e avventure personali. E' tutto questo turbinio di emozioni che spinge gli appassionati di oggi a rincorrere le vecchie glorie, a ripulirle meticolosamente, a studiarne gli interni come un chirurgo esaltato, a resuscitarli e adorarli come sciamani drogati da quelle esperienze passate, impossibili da reprimere. Tutto questo è retrocomputing

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