Saturday, March 26, 2016

Domani e' Pasqua


L’esperienza della croce o della sofferenza di tutti i giorni per taluni è, per la nostra ragione motivo di scandalo . Rimaniamo, infatti, sconcertati davanti alla “logica della Pasqua”, che sancisce la necessità di entrare nel tunnel della sofferenza per immettersi nella gioia della risurrezione. Lo sappiamo bene: noi che vorremmo essere allergici al dolore e lo rigettarlo con veemenza. L’impatto con la tribolazione ci spinge a reagire negativamente, facendoci oscillare tra polarità emotive opposte o forse alle volte la reazione e' solo monopolare e si concretizza con il malessere dal quale scaturisce anche: la rabbia aggressiva (che si attiva verso se stessi e verso gli altri) o la chiusura nella depressione fatalistica e rassegnata. Sono convinto che se qualcuno, volendo condurre un’indagine sul malessere interiore della gente, intervistasse quelli che si dichiarano tristi e delusi, molti di loro - alla richiesta di indicare le cause della scontentezza - punterebbero il dito all’esterno per non ammettere il tipo reale del proprio malessere ossia quello inconscio o interiore cosi' subdolo da non potere essere controllato, Dichiarando che il motivo della loro infelicità è da rintracciare negli altri o in eventi sfortunati e facendo cosi' fuggire da essi o dagli altri l'impressione della follia. La colpa viene mascherata  insomma e viene individuata sempre “fuori”.Mentre il soggetto, in questo modo, si mette in discussione e riconosce che in larga parte la fonte nascosta delle sue inquietudini è dentro di lui. Proprio così: non sono gli eventi che ci capitano l’origine principale del nostro disagio, ma il modo sbagliato con cui li viviamo. Quando in alcuni colloqui personali, ho provato a dire ad alcuni amici che le frustrazioni di cui si lamentavano dipendevano anzitutto dagli atteggiamenti inadeguati con cui avevano affrontato gli avvenimenti spiacevoli che li avevano feriti, essi hanno reagito elencando tutte le avversità che si erano abbattute sulla loro esistenza, rovinandola. Facendo così scaricavano la responsabilità delle loro insoddisfazioni sul conto altrui o sull’accanimento della mala sorte non ricercando il vero malessere nell'IO interiore. Pur rispettando profondamente la loro versione rispondevo dicendo che riconoscevo l’oggettività dei problemi che mi riferivano tuttavia sottolineavo con fermezza che se le situazioni di sofferenza pur gravi fossero state vissute praticando la parte conscia del cervello, quelle difficoltà non li avrebbero “uccisi” dentro, togliendo la serenità e seminando rancore, ma, al contrario, sarebbero diventate motivo di crescita nell’amore verso se stessi e  verso se stessi e verso gli altri.  Dobbiamo dircelo con chiarezza: dalla prigione del dolore non usciamo da soli. Se cerchiamo di evadere, i nostri tentativi prima o poi falliscono e ci ritroviamo ancora più incatenati. Senza l’aiuto di noi stessi le nostre domande non hanno risposte convincenti e gli sforzi messi in atto non ci consentono di scavalcare il muro dei problemi. Feriti come siamo dalla piaga dell'inconscio, se vogliamo guarire dobbiamo rivolgerci a a noi stessi.Pensando secondo queste categorie, il dolore mi sembra simile al carbone, che, se osservato solo in superficie, ci appare un materiale sgradevole (perché sporca), inutile (perché è friabile) e velenoso (perché esala gas tossici); ma se viene “acceso” diventa una formidabile fonte di energia, che emana luce e calore. Anche la sofferenza, se viene subìta in modo cieco, ci inquina l’anima e ci soffoca dentro, sottraendoci la capacità di ricevere e dare amore; ma se vissuta secondo il nostro spirito/animo o consapevolezza e bruciata nella carità, si trasforma in una inesauribile e contagiosa sorgente di luce e di gioia.
Non cercate dunque sollievo a lungo termine vivete giorno per giorno,domani e' Pasqua vivetela come una sorta di giornata gioiosa anche se dentro l'animo da come la sensazione di soffocare.
Domani andro' alla messa,pranzero' con i miei e tentero' di passare una giornata in allegria........

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